I primi 50 anni di Scacf

“Un grande sogno inizia al tempo di un respiro” è lo slogan della campagna di comunicazione che accompagna il 2016 di Scacf. A raccontare la storia di questa azienda – che oggi vede al proprio interno 120 persone e che, attraverso macchinari e manodopera, realizza circa 75.000 cofani funebri l’anno – sono proprio i due fondatori, Renato Sgoluppi e Armando Pecorari. All’età di 14 anni si sono ritrovati insieme a lavorare all’interno di un mobilificio del territorio e oggi, nonostante l’età, sono ancora pronti a dare i loro consigli operativi in azienda e a impartire “lezioni” alle nuove generazioni per gestire al meglio ordini e produzioni.
 
Renato, come è nata l’azienda?

Nel 1965, dopo circa 13 anni di lavoro come dipendente in una fabbrica di costruzione mobili, abbiamo deciso di metterci in proprio, iniziando a costruire cofani funebri. Il primo capannone era di 200 mq. E allora sembrava già tanta cosa, sufficiente per tutto il lavoro che ci si prospettava. Oggi la sola superficie coperta è di 32.000 mq, mentre tutta l’area aziendale è pari a 98.000 mq.
 
Armando, un ricordo di quei tempi?

Come prima cosa voglio dire che io e Renato eravamo amici e vicini di casa e la nostra collaborazione è cresciuta grazie anche alle persone che ci hanno sempre voluto bene, a cominciare dal nostro datore di lavoro. Ricordo come se fosse oggi il “padrone”, così si chiamava allora, uomo piccolo di statura ma con un grande cuore. Così come lo era la moglie… Nei periodi in cui c’era cattivo tempo e il fiume Tevere si ingrossava inondando strade e vie, la signora ci ospitava nella loro casa per pranzo, cena e anche di notte fino a quando il tempo tornava bello e potevamo rientrare. Sono storie di altri tempi, ma testimoniano come il lavoro, a quel tempo, era considerato per il suo effettivo valore e accanto all’aspetto professionale c’era sempre un calore e una riconoscenza umana. Sarò sempre grato a queste persone che mi hanno insegnato il vero significato della parola lavoro.
 
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Renato, per costruire la vostra azienda avevate dei risparmi da parte?

Macché! Non avevamo una lira e sulle nostre spalle gravavano anche le nostre famiglie con tanto di bambini piccoli. Ma avevamo una grande voglia di lavorare. Mi ricordo che fin da piccolo, pur di racimolare qualche soldo, andavo persino a prendere “il breccione” e con un martello la sera lo rompevo fino a renderlo di piccole dimensioni e adatto per l’edilizia stradale. Allora le strade non erano asfaltate ed erano fatte tutte di breccia. Questo per dire che ci siamo sempre adattati a fare di tutto pur di guadagnare qualcosa. Quando decidemmo di costruire un capannone non avevamo una lira e per questo abbiamo letteralmente tirato su le mura con le nostre mani, di notte e nei fine settimana, con il prezioso aiuto di qualche muratore di zona, in cambio spesso del solo pasto. Erano altri tempi, dove valeva il senso di comunità e ognuno dava una mano al vicino in cambio di poche cose che servivano alla sussistenza. Nel 1966 il capannone, con all’interno alcuni cavalletti e qualche metro di legno, era pronto e decidemmo così l’iscrizione alla camera di commercio e la costituzione della società.
 
A quel punto, Armando, eravate pronti per partire con la vostra avventura?

Direi proprio di no. Mancavano i macchinari e quelli non potevamo costruirceli da soli. Un amico ci presentò a uno studio professionale che ci mise in contatto con la Miliorconsorzi di Roma, la quale ci concedette un mutuo a 30 anni di 5.000.000 delle vecchie lire al tasso dell’1%. E questo fu per noi il primo grande aiuto che diede l’avvio a 50 anni di vita insieme. Ricordo ancora che eravamo alle stelle e il primo “investimento” fu una bella mangiata di abbacchio a Roma, subito dopo la firma del prestito. Arrivati i primi macchinari, con costanza e pazienza, andai con Renato a presentare i primi prodotti agli impresari della zona, li invitammo in azienda a vedere di persona le casse e raccogliemmo molte opinioni positive attorno al nostro progetto. Ma gli ordini ancora non arrivavano.
 
E quando arrivarono i primi ordini, Renato?

Ricordo che un giorno presi a prestito un furgone di un amico, caricai sei cofani e cominciai a fare il giro della zona per presentare i prodotti, agenzia per agenzia. Tornai sconfortato dal fatto che, benché ci fosse interesse e necessità, le agenzie funebri del territorio erano già fornite da importanti costruttori, tutti del Nord Italia, i quali rappresentavano una garanzia di continuità e di qualità. Successivamente avvicinammo un rappresentate, che già vendeva cofani funebri. Vide i nostri modelli e ci suggerì di realizzare un catalogo prodotti. Realizzammo il primo catalogo formato da pochi prodotti e fu allora che il “rappresentante” cominciò a fare il suo lavoro e riportò subito il primo ordine di 36 casse.
 
Armando, state raccontando la vostra storia con una freschezza che sembra vissuta da poco…

In realtà si tratta di 50 anni fa, ma non possiamo dimenticarcela. Anche perché tutto quanto detto finora è accaduto in pochissimo tempo. Dopo 4/5 mesi, infatti, la piccola Cacf contava 10 dipendenti, spinta dal periodo favorevole (siamo a metà degli anni ’60) e dalla ferrea volontà mia e di Renato di proseguire sulla strada intrapresa. Nei mesi successivi, inoltre, c’era bisogno di qualcuno che tenesse la prima contabilità e ci rivolgemmo a un amico di paese che da anni lavorava in una grande fabbrica di macchine agricole del luogo. È lui che darà avvio ai primi documenti contabili di Cacf e da allora, ancora oggi, è il veterano dell’amministrazione. La voce di questa nostra piccola bottega che costruiva cofani si espande e arriva fino alla vicina toscana. Ad Arezzo, una grossa impresa funebre crede subito in noi e acquista casse in grande quantità dando stimolo e fiducia al lavoro di tutta la squadra che avevamo messo in piedi. Da lì altri grossi nomi della funeraria italiana, fra cui Ofisa di Firenze e La Generale di Genova, iniziano ad acquistare il nostro prodotto e dopo oltre 40 anni sono ancora nostri clienti.
 
Ma come avete fatto Renato a stare al passo con la forte concorrenza?

Intanto il lavoro non ci ha mai spaventato, in quanto fin da piccoli siamo stati abituati a “sgobbare” senza guardare l’orologio. Un nostro caro amico diceva sempre: «Noi siamo quelli della mezza salsiccia». Parafrasando questo detto voglio dire che nella vita ci vuole umiltà e sacrificio. Inoltre, anno dopo anno, aumentavamo la produzione, investivamo in macchinari e aumentavamo gli spazi produttivi. Con l’arrivo delle nuove generazioni si è data un’ulteriore spinta alle nostre attività, guidando l’azienda in maniera ineccepibile, mettendo sempre al centro il cliente e la sua soddisfazione.
 
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La storia continua, Armando, perché oggi siete un’azienda molto differente da allora…

Certo, eravamo solo all’inizio della nostra avventura. Infatti già nei primi anni Ottanta si consolida anche il patrimonio immobiliare e Scacf amplia la proprietà di terreno industriale fino ad arrivare ai 98.000 mq edificabili, 32.000 dei quali circa coperti dagli attuali stabilimenti. Con forze nuove all’interno e una rete vendita in continua espansione aumentano i dipendenti e il volume di affari. Il nome dell’azienda viene divulgato dal passaparola dei clienti più che da forme pubblicitarie, allora inesistenti, e da lì a poco, nel decennio successivo, inizia il periodo dei grandi investimenti che ha come apice la realizzazione di una moderna unità produttiva, totalmente automatizzata e gestita da un sistema centrale, che dalla falegnameria porta la cassa fino al reparto spedizioni senza nessuna manipolazione manuale. La modernità dell’impianto ha migliorato sensibilmente anche l’ambiente di lavoro e reso altamente competitiva l’azienda nel mercato.