Accanto alle grandi imprese funebri, che hanno una composizione strutturata e possono contare su diversi dipendenti fissi, in Italia si contano centinaia di piccole imprese, per lo più di stampo familiare. Spesso a dirigere un’impresa vi è un titolare, coadiuvato nella gestione dalla famiglia. Sul lato concreto, tuttavia, l’impresario si avvale necessariamente di collaboratori cosiddetti “a chiamata”. Si tratta in genere di persone fidate che vengono retribuite a seconda dell’attività che svolgono a favore dell’impresa. Vediamo nello specifico cosa si intende per prestazione lavorativa occasionale. Il lavoro occasionale accessorio include tutte le prestazioni lavorative che non sono riconducibili a contratti di lavoro di alcun tipo, in quanto svolte in modo saltuario. Recentemente è stata introdotta la possibilità di regolate questo tipo di rapporti attraverso i buoni lavoro o voucher, che garantiscono la copertura Inps e Inail. Nell’ambito del lavoro occasionale accessorio rientrano tutte le prestazioni lavorative non riconducibili a contratti di lavoro di alcun tipo, in quanto svolte in modo saltuario e regolate attraverso i cosiddetti voucher, i quali garantiscono la copertura previdenziale presso l’Inps e quella assicurativa presso l’Inail. I committenti che possono utilizzarli sono famiglie, enti o imprese di vario tipo. Scopo del lavoro accessorio è di favorire l’occupazione di soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel mercato del lavoro oppure in procinto di uscirne, oltre che di favorire l’emersione del lavoro nero. Le categorie di soggetti che possono essere retribuite per incarichi tramite i voucher sono diverse. In primis la generalità dei lavoratori (con riferimento a tutto l’insieme dei settori produttivi, a eccezione del settore agricolo), gli studenti con meno di 25 anni iscritti a un corso di studi di qualsiasi ordine e grado nel week end, ovvero durante tutto l’anno se iscritti all’università (attività agricole stagionali), i pensionati (per lo più attività agricole stagionali), il resto dei lavoratori anche inoccupati e disoccupati, a eccezione dei soggetti iscritti l’anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli (solo per le attività agricole a favore di piccoli imprenditori agricoli). Possono usufruire di prestazioni di lavoro occasionale discontinuo accessorio e quindi pagare i lavoratori con i voucher, sia i non imprenditori sia gli imprenditori operanti in tutti i settori e le imprese familiari. Anche chi gode di indennità di disoccupazione può essere impiegato in un’attività lavorativa occasionale ed essere pagato con i voucher per lavori occasionali. In questa circostanza sarà comunque necessario dare comunicazione all’Inps se le retribuzioni corrisposte superano 3.000 euro. In ogni caso, il lavoro occasionale pagato con i voucher non dà diritto poi a prestazioni di sostegno al reddito erogate dall’Inps, ovvero i voucher non sono considerabili per le indennità di disoccupazione, l’assegno di maternità e simili. Con i voucher Inps si percepiscono anche i contributi per la pensione. Anche nel recente Jobs Act si fa riferimento ai voucher lavoro e al loro utilizzo. Questa novità legislativa non ha modificato la disciplina generale, anzi ha proceduto all’innalzamento a 7.000 euro il limite massimo annuale che un lavoratore può guadagnare con i voucher, che al lordo corrispondono a 9.333 euro. Questo per favorire il ricorso ai buoni lavoro ed evitare che anche piccole mansioni lavorative rientrino nel lavoro nero.
Feniof aggiunge…
Va premesso che la questione dell’applicabilità o meno del contratto di lavoro accessorio, remunerato con i voucher, è alquanto controversa. Ad aumentare i dubbi tra gli impresari funebri sono stati e sono tutt’ora le ispezioni delle Fiamme Gialle e dell’Ispettorato del Lavoro che, da novembre 2015, hanno iniziato una massiccia azione di verifica nel nostro settore. Tali enti si sono approcciati alla questione voucher con criteri ispettivi non omogenei che hanno portato talvolta ad accettare senza rilievi tale forma contrattuale e, in altri casi (al momento la maggioranza), sanzionando le aziende.
Dove sta la verità? L’unica cosa che possiamo fare come federazione di categoria è analizzare tale forma di contratto di lavoro sotto un punto di vista giuridico. A riguardo va detto che, rispetto all’articolato originale della Legge Biagi, tale forma di lavoro è ora estesa a tutti i settori consentendo la possibilità di utilizzare i voucher lavoro nei settori del commercio, turismo e servizi di qualsiasi settore produttivo, dunque anche nel settore funebre e nelle imprese esercenti tale attività. Ma con precisi limiti.
Infatti, il comma 6 dell’art. 48 del D.Lgs. n.81/2015 vieta il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio nell’ambito dell’esecuzione di appalti di opere o servizi, fatte salve le specifiche ipotesi individuate con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sentite le parti sociali. Poiché, a oggi, il Ministero del lavoro non ha ancora provveduto con alcun decreto a individuare le specifiche e tassative ipotesi derogatorie ai sensi del suddetto comma 6, da un’analisi puntuale della normativa risulta un divieto di utilizzo di lavoratori assunti con il contratto di lavoro accessorio (voucher) nel settore funebre. La motivazione sta nel fatto che l’attività funebre viene a inquadrarsi come appalto secondo la definizione di cui all’art. 1655 del codice civile (e secondo la giurisprudenza: Sentenza 1602/2009 Tribunale di MO), questo perché l’attività funebre è un’attività svolta su mandato dei dolenti (committenti) da parte dell’impresa funebre (appaltatore).
Poiché, come detto, il legislatore nazionale ha ritenuto possibile ricorrere a tale tipologia contrattuale solo nel caso in cui vi sia la coincidenza tra committente e utilizzatore/beneficiario della prestazione lavorativa, non è possibile per le imprese funebri avviare all’attività del personale assunto con i contratti di lavoro accessorio remunerati con i voucher.
Resta inteso che per altre tipologie d’attività all’interno delle imprese funebri (per esempio, pulizie, inserimento dati contabili in azienda, attività amministrative, magazzino ecc.) svolte dal lavoratore per l’impresa funebre nell’ambito di attività non a favore di terzi, il ricorso a tale istituto contrattuale continua a essere possibile (ferme restando le regole e i tetti di remunerazione già citati).
Come Feniof abbiamo il dovere e la responsabilità di informare le imprese funebri in ordine a quanto sopra effettuando sul tema un’analisi prettamente giuridica. Una volta informate, le aziende sono ovviamente libere di effettuare le proprie valutazioni su tale forma di contratto di lavoro, assumendosi le proprie responsabilità in merito e valutando i rischi (o le opportunità) alla luce degli non omogenei criteri valutativi assunti dagli enti ispettivi. Ugualmente, sempre quale consiglio federativo, riteniamo opportuno suggerire un approccio prudente a tale forma di lavoro, con un pensiero specifico alle sanzioni che potrebbero derivare.