«Sono pochi e non bastano! E soprattutto non mi sento tutelato dalle istituzioni o dagli organi preposti. In qualità di pubblico ufficiale, quindi, voglio non solo tutelare la mia figura professionale ma anche le famiglie che si rivolgono alla mia impresa certificando che con il mio operato si rispettano le regole rispondendo a precisi requisiti», ci racconta un impresario che vuole restare anonimo e abbiamo simpaticamente deciso di chiamare l’impresario con i baffi. «Mi sono quindi organizzato con la compilazione di un’autocertificazione che consente a qualsiasi cimitero, forno crematorio o Comune che riceve un feretro di risalire alla mia impresa e ai miei prodotti. Sono un pubblico ufficiale, devo sempre verificare e compilare un verbale secondo la normativa vigente. Ma per me non è sufficiente. Ho quindi deciso di andare oltre al minimo richiesto a noi impresari predisponendo un’autocertificazione in cui vengono aggiunte informazioni che ritengo essenziali, come il nome dell’agente che si sta occupando del servizio e del trasporto, il numero di licenza e la targa del mezzo utilizzato. In questo modo ogni cimitero, forno crematorio o Comune che riceve il feretro può identificare la mia impresa e risalire agli accessori, ai prodotti e ai cofani utilizzati.
TIMBRO OBBLIGATORIO PER LEGGE
Se, per esempio, un’autocertificazione come questa o contenente simili dati diventasse obbligatoria per legge credo che potrebbe rappresentare un primo vero passo per ridurre al minimo il problema relativo alle persone che lavorano male, non rispettano le regole e abbassano il livello generale del nostro settore. In particolare, se penso ai cofani, purtroppo capita sempre più spesso che davanti alle nostre imprese si presentino venditori improvvisati che muniti di furgone con merce al seguito propongono l’acquisto di prodotti di cattiva fattura e di dubbia provenienza. A me una volta è capitato di chiedere informazioni in merito a cofani offerti a un prezzo molto basso rispetto a quello di mercato. Ma non ho avuto risposte esaustive e convincenti alle mie domande sulla loro provenienza e visionando da vicino i modelli ho notato che erano tutti sprovvisti del timbro che, secondo il DPR 285/90, deve essere posto sul cofano solo dall’effettivo produttore responsabile anche della sua corretta fabbricazione.
CHERNOBYL
Come altre volte, ho quindi rifiutato la proposta e, dopo alcune settimane, ho saputo della presenza sul mercato di cofani realizzati con legno contaminato proveniente da Chernobyl. Continuo a chiedermi, quindi, cosa stiamo acquistando? Perché sono certo che qualcuno ha acquistato questi cofani. E non deve accadere! Non dobbiamo abituarci a cofani di dubbia provenienza e di dubbia conformità. Siamo noi impresari per primi che dobbiamo invece poter controllare sempre la provenienza del cofano e risalire al nome del produttore che, attraverso le certificazioni fornite, garantisce elevati standard di produzione che devono rispondere alle normative europee. Senza tutto questo, l’intero sistema è senza tutela: non siamo tutelati noi impresari, che non siamo mai certi delle scelte che facciamo, e non sono tutelati gli utenti finali, la nostra clientela alla quale offriamo e proponiamo i cofani selezionati». Questa è la testimonianza di un impresario che, intervistato, preferisce restare anonimo e che abbiamo deciso di chiamare l’impresario con i baffi. È un impresario esperto, che da quasi 50 anni conosce questo settore, dove è stato introdotto come apprendista falegname all’età di 14 anni per occuparsi della realizzazione dei cofani funebri partendo dalla semplice tavola in legno. «Ricordiamoci poi che la scarsità di controlli porta anche alla proliferazione di imprese funebri che per sopravvivere abbassano il livello del settore acquistando cofani di dubbia provenienza e scarsa qualità e avvalendosi di personale non qualificato e a volte nemmeno a libro paga. Dove sono i controlli su tutto questo e quali sono le garanzie per il mercato?».